sabato 28 dicembre 2013

Un'antica musa: "Never ending road" Loreena McKennit

 


Loreena McKennitt
 



Dopo molto tempo riapre le porte Musical Jester e la sua musica "da leggere".
Scrivere di musica non è semplice e, nel mio caso, sin da quando sono partita con il blog, ci tenevo alla piena onestà nelle scelte, dettate unicamente da un giudizio personale e scarsamente obiettivo. Semplicemente non volevo sforzarmi visto che la voglia non c'era e ho preferito allontanarmi per un po' in attesa di nuove ispirazioni.
 
Così è passato praticamente quasi un anno dall'ultimo post e oggi, al risveglio, mi sentivo pronta per riaprire le danze e approfondire nuovamente con voi alcuni dei testi che mi hanno maggiormente colpita e, se vogliamo, commossa.
Il testo dice molto di un autore, del momento che sta attraversando, dell'energia che lo accompagna nella propria vita. E così scopriamo pezzetti nuovi dei nostri beniamini e quanto ci somigliano nelle emozioni.
Continuiamo dunque a farci buona compagnia...in compagnia di buona musica.
 
Ecco una bella donna, fiera di esserlo, classe 1957.
Formazione classica con pianoforte e voce, amante sin da giovanissima di ballo montano e canzoni folk. La sua famiglia è residente in Canada nel distretto di Manitoba da almeno un paio di generazioni ma è di ascendenza irlandese da entrambi i rami e lo si denota nel colore dei capelli e nell'incarnato chiaro del viso.
Studia Scienze Veterinarie all'Università ma la sua abilità come compositore ed esecutore la portano a trasferirsi a Stratford nell'Ontario dove da lì parte la sua folgorante carriera che, la porterà dalla diffusione del primo album attraverso distributori indipendenti sino a produrre musica da film e ad un successo internazionale.
Il brano scelto per voi è "Never-ending road" seguito dalla frase irlandese Amhran Duit che significa "Una canzone per te".
Ad un certo punto della sua carriera, ormai affermata scompare del tutto dalle scene dopo la morte del compagno per circa nove anni, in cui viaggia molto e supera il grande dolore della perdita. E ricompare con un album splendido "Ancient Muse " dove miscela sonorità arabe e mediorientali alle ormai familiari celtiche e dal quale è tratto il brano che andremo ad approfondire nel suo significato.
Questo brano offre positività e superamento di una perdita o di un dolore con grande delicatezza ed intimità ma anche una riflessione sulle nostre vite e i nostri percorsi.

 

Strada senza fine (Una canzone per te)
 
La strada ora ci guida in avanti
Per quanto sia possibile
Viuzze tortuose
Siepi d'arbusti in gruppi di tre  
Dalle montagne purpuree  
E in ogni curva  
Ogni strada conduce a te  
Non vi è fine a questo viaggio.

Ecco il mio cuore e te lo offro 
Portami con te per queste terre 
Qui sono i miei sogni, così semplici e pochi 
Riusciamo a trattenere nel palmo della mano

Nelle profondità dell'inverno  
nel mezzo di una nevicata
Lassù in aria  
Dove le campane rintoccano 
E adesso intorno a me  
Sento che sei ancora qui 
Così è il viaggio  
Nessun mistero né alcuna paura. 

Ecco il mio cuore e te lo offro 
Portami con te per queste terre 
Qui sono i miei sogni, così semplici e scarsi 
Sogni che teniamo nel palmo delle mani

La strada ora ci guida in avanti  
E non so dove   
Sento nel mio cuore   
Che tu ci sarai 
Ogniqualvolta giunge un temporale   
qualunque siano le paure  
Il viaggio continua  
Perché il tuo amore mi è sempre accanto

Ecco il mio cuore e te lo offro 
Portami con te per queste terre 
Qui sono i miei sogni, così semplici e scarsi 
Sogni che teniamo nel palmo delle mani  
 
 
Traduzione di Sarala
 
 

    "Never-Ending Road (Amhran Duit)"
The road now leads onward
As far as can be
Winding lanes
And hedgerows in threes
By purple mountains
And round every bend
All roads lead to you
There is no journey's end.

Here is my heart and I give it to you
Take me with you across this land
These are my dreams, so simple and few
Dreams we hold in the palm of our hands

Deep in the winter
Amidst falling snow
High in the air
Where the bells they all toll
And now all around me
I feel you still here
Such is the journey
No mystery to fear.

Here is my heart and I give it to you
Take me with you across this land
These are my dreams, so simple and few
Dreams we hold in the palm of our hands

The road now leads onward
And I know not where
I feel in my heart
That you will be there
Whenever a storm comes
Whatever our fears
The journey goes on
As your love ever nears

Here is my heart and I give it to you
Take me with you across this land
These are my dreams, so simple and few
Dreams we hold in the palm of our hands

     
 

venerdì 15 febbraio 2013

Syd Barret: il diamante grezzo




La storia della musica rock annovera, ahimé, nelle sue file, diverse tristi storie: depressioni, fallimenti, sparizioni, morti accidentali, suicidi, overdose di farmaci o altri mix che hanno coinvolto giovani appassionati musicisti in avventure senza ritorno.
Proprio per questo loro sacrificio sull'altare della creatività, alcuni di questi sono stati assunti a livello di miti indiscutibili coinvolgendo emotivamente migliaia di persone che hanno visto in questi difficili percorsi una loro personale catarsi.
Di tutti questi personaggi "scomodi" Syd Barret, fondatore e guida dei Pink Floyd, credo sia quello che mi ha intrigato di più, vuoi per la bellezza o la timida riservatezza, ma soprattutto ho sempre guardato con grande rispetto all'amore incondizionato che i suoi amici gli hanno riservato sempre fino alla fine.
Benché si siano ritrovati a dover scegliere fra una carriera (per altro meritatissima) e l'allontanamento di colui al quale erano grati per l'apporto creativo, si sono sempre dimostrati fedeli e riconoscenti verso chi ha fornito la scintilla originaria.
Persino Gilmour, subentrato al posto di Syd dopo l'allontanamento dal gruppo, quando ne parla durante le interviste, non riesce a nascondere una profonda commozione nel ricordarne la gentilezza, lo stile e la grandezza.
I Pink Floyd sono stati, a mio avviso, non soltanto degli insuperabili musicisti ma persone serie, dedite alla musica e agli affetti, impostando una carriera fatta di sperimentazioni, passione e dedizione.
L'energia di Syd è rimasta accanto a loro in ogni opera realizzata e in qualche modo, a distanza, ha nutrito la band e l'ha accompagnata verso l'olimpo del rock.
Noi tutti figli degli anni 70 dobbiamo ai Floyd il merito di averci supportato nei lunghi pomeriggi fatti di compiti di latino e greco con le loro musiche spaziali. La voce di Syd ci ha spinti verso i primi innamoramenti laddove lo sguardo ricercava volti e capelli simili ai suoi.
Nel mio cuore i Pink Floyd si sono ritagliati un posto speciale.

Nel 1974, Gilmour, Waters e Wright si ritrovarono a collaborare nella scrittura di un brano che avrebbe dovuto essere un omaggio sentito a quel caro amico che ormai non vedevano più da anni, quel recluso al quale ancora sentivano di dovere buona parte del successo ottenuto e col quale volevano, almeno simbolicamente, condividere.
Syd se ne era andato nel 1968, ma una parte di lui viveva ancora nei Floyd e non potevano più ignorarla.
L'onda creativa portò in seguito all'inserimento del brano nel meraviglioso album "Wish you were here" che uscì l'anno dopo. Nick Mason, il batterista dei Pink Floyd disse in quell'occasione: "Syd era sempre avanti in tutto e noi lo amavamo per questa sua caratteristica. Solo che, ad un certo punto, si è spinto talmente in avanti creando un baratro incolmabile fra ciò che è normale e ciò che non lo è. Il completo isolamento in cui si è venuto a trovare, la mancanza di un filo comunicativo col mondo lo ha spezzato per sempre."
La lunga suite si apre però con la risata di Syd che sembra ancora una volta, volerci portare "sempre avanti".


SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND

Remember when you were young
you shone like the sun
Shine on you crazy diamond
Now there's a look in your eyes
like black holes in the sky
Shine on you crazy diamond
You were caught in the cross fire
of childhood and stardom
blown in the steel breeze
Come on you target for faraway laughter
Come on you stranger, you legend
you martyr....and shine!

You reached for the secret too soon
You cried for the moon
Shine on you crazy diamond
Threatened by shadows at night
and exposed in the light
Shine on you crazy diamond
Well you wore out your welcome
with random precision
Rode on the steel breeze
Come on you raver, you seer of visions
come on you painter, you piper
you prisoner...and shine!



CONTINUA A SPLENDERE PAZZO DIAMANTE

Ricorda quand'eri giovane
splendevi come il sole
Continua a splendere pazzo diamante.
Ora l'espressione dei tuoi occhi
ricorda i buchi neri nel cielo
Continua a splendere pazzo diamante.
Sei stato preso in mezzo al fuoco incrociato
dell'infanzia e della celebrità
e spazzato via da una brezza d'acciaio.
Tu, bersaglio per risate lontane
tu, straniero, tu leggenda,
tu martire...brilla!

Hai raggiunto il segreto troppo presto
e urlavi alla luna
Continua a splendere pazzo diamante.
Intimorito dalle ombre notturne
e sovraesposto alla luce
Continua a splendere pazzo diamante.
Hai consumato il tuo benvenuto
con una precisione improvvisata
Hai cavalcato la brezza d'acciaio.
Tu, libertino, tu visionario,
tu pittore, pifferaio,
tu prigioniero...brilla!



Traduzione di Sarala

lunedì 14 gennaio 2013

....e il muschio crebbe rigoglioso su di una pietra rotolante






Il 1943  non fu un anno facile per la Vecchia Europa impegnata com'era nella Seconda Guerra Mondiale e, mentre la Gran Bretagna faceva le prove per lo sbarco in Normandia, la vita quotidiana di  molti inglesi si snodava fra alti e bassi. Nonostante le difficoltà oggettive che Winston Churchill cercava di minimizzare, le coppie si sposavano e mettevano su famiglia.
Quel clima cupo e ricco di tensioni era comunque in grado di accogliere anime variegate, diverse,  ricche di fascino ed energia.
Lungo l'antica strada che da Londra porta a Dover, si situa Dartford antica cittadina di commerci in epoca medioevale e, proprio in quell'anno, il Livingston Hospital  accolse nel reparto maternità due nascituri che sarebbero diventati in seguito due icone indiscusse del panorama musicale internazionale: Mick Jagger e Keith Richards.
Sarà stata l'aria del dopoguerra, sarà stato il destino già scritto, fatto sta che quei due ragazzi nati entrambi nello stesso anno e astrologicamente compatibili ( leone versus sagittario) al momento giusto s'incontrarono.
Frequentarono insieme le scuole elementari ma soltanto anni dopo nel 1960 svilupparono un'amicizia: Mick cantava già fin da piccolo Buddy Holly, mentre Keith strimpellava Duke Ellington sulla chitarra regalatagli dalla madre. Il rythm'n'blues, la passione  che li accomunava.
Mick, cresciuto in una famiglia medio borghese, aspirava a divenire giornalista o politico come la madre e intraprese una scuola di economia mentre Keith, dotato di una personalità forte e trascinante, ammazzava il tempo in un istituto d'arte sviluppando già a quel tempo atteggiamenti ribelli e anticonformisti che stridevano con la rigidità di classe nella Gran Bretagna di quegli anni.
Fu proprio l'inquietudine di Richards, la sua frenesia fisica e il suo talento innato a rinnovare e suggellare la loro amicizia il giorno che si rincontrarono dopo anni su di un treno: uno teneva sottobraccio alcuni dischi americani d'importazione e l'altro la sua chitarra....e fu amore a prima vista.
"Dai Mick, ascoltami, hai una gran bella voce e una bella presenza scenica, ma soprattutto ami il blues tanto quanto me; lascia stare la politica e tutte quelle stronzate, continua a cantare. Che ne dici se fondiamo una band. Troviamo uno scantinato qui a Londra e proviamo rock, blues, quello che ci viene in testa?"
E così fu.
All'incirca nello stesso momento e nello stesso luogo, un altro giovanotto "scapestrato" e leggermente più vecchio dei nostri due, si dilettava a suonare il clarinetto e il sax in piccole jazz bands anche se il blues era la sua ragione di vita. Della sua esistenza disordinata fatta di lavoretti saltuari e frustrazioni, quello era un punto sul quale non aveva dubbi: prima o poi avrebbe suonato il blues con altri appassionati come lui. Lui, era Brian Jones.
Fino ad un certo punto era stato un ragazzo convenzionale, educato e ben voluto piuttosto volenteroso a scuola. Bel ragazzo e studente modello. Poi, divenuto adolescente, un certo risentimento verso l'autorità lo portò a divenire sempre più ribelle una volta cresciuto sino ad incappare in una brutta storia che lo portò alla paternità all'età di 17 anni e che senz'altro contribuì alle sue schizofrenie sentimentali note a tutti.
All'epoca dell'incontro con gli altri futuri Stones si faceva chiamare Elmo Lewis e il suo grande sogno era quello di formare un'autentica band di r&b.
Fu proprio durante una blues session che incontrò Jagger, Richards e un amico comune Dick Taylor.
Qualche settimana più tardi quando sullo stesso palcoscenico gli capitò di ascoltarli in Around and Around di Chuck Berry sentì che forse era arrivata la risposta che attendeva. 
E quando si mise a provare con Jagger e a loro si unì Richards beh, era fatta: era nata l'anima degli Stones che si rivelò ben presto alquanto ambiziosa.
Il primo spettacolo della band si tenne il 12 luglio 1962 al Marquee Club di Londra (che al tempo era considerato il top dell'intrattenimento), con la seguente formazione: Jagger, Richards, Jones, al piano Ian  "Stu" Stewart, al basso Dick Taylor e alla batteria Tony Chapman.
Affittarono una "bellissima discarica" dove finalmente si poteva provare blues notte e giorno, dove Jagger imparò a suonare l'armonica a bocca e dove, dopo svariate audizioni, furono scelti Bill Wyman al basso e Charlie Watts considerato uno dei migliori batteristi della scena londinese.
Brian guidava il gruppo con notevole rigidità e sapeva che promuovere una band agli inizi non era cosa facile, ma per lui si trasformò in una crociata: i Rolling Stones dovevano essere mondialmente riconosciuti come una band di rythm'n'blues.
Ho scelto volutamente il testo di uno dei primi brani degli Stones alquanto sottovalutati  ma fra i miei preferiti, di cui ne esistono liricamente versioni alternative in cui Jagger cambia le parole e cover indimenticabili  fra cui quella di Chris Farlowe e del nostro grandissimo connazionale Giuliano Palma.
Lasciatevi andare, ballate e cantate a squarciagola!


Out Of Time (1966)


You don't know what's going on,
you've been away for much too long
you can't come back and think you are still mine.
You're out of touch my baby, my poor old fashioned baby
I said baby, baby, baby, you're out of time

Well, baby, baby, baby, you're out of time
I said baby, baby, baby, you're out of time
Yes, you are left out, yes, you are
I said you're left out of there without a doubt
'cause baby, baby, baby, you're out of time

You thought  you were a clever girl
Giving up your social whirl
 You can't come back and be the first in line,
You're obsolete my baby
My poor unfaithful baby
I said baby, baby, baby you're out of time.


Well, baby, baby, baby, you're out of time
I said baby, baby, baby, you're out of time
Yes, you are left out, yes, you are
I said you're left out of there without a doubt
'cause baby, baby, baby, you're out of time


    




FUORI TEMPO

 Tu non sai cosa sta succedendo
Sei stata via per troppo tempo
Non puoi ritornare e pensare di essere ancora mia
Sei fuori dal mio mondo, bambina mia
mia povera bimba fuori moda
Ho detto, bimba, bimba, bimba, tu sei fuori tempo.

 Bene, bimba, bimba, bimba, sei fuori tempo
Ho detto, bimba, bimba, bimba, tu sei fuori tempo
Sei stata lasciata sola
lì senza dubbio
Perché bimba, bimba, bimba, sei fuori tempo

 Pensavi di essere una ragazza brillante
rinunciando alla mondanità
Ma non puoi ritornare ed essere la prima della fila, 
Sei obsoleta bimba mia
Mia povera bimba fedifraga
Ho detto bimba, bimba, bimba sei fuori tempo.




Traduzione di Sarala







domenica 13 gennaio 2013

That'll be the day (when I die) - Quello sarà il giorno (in cui morirò) Buddy Holly



Nel 1956 Buddy ha soltanto vent'anni ma già da un po' ha capito che la musica è parte della sua anima. Nel garage di casa prova quasi ogni giorno alcuni pezzi con il suo migliore amico che è batterista. Vive a Lubbock in Oklahoma e sa che la meta migliore per registrare alcuni demo promozionali è Nashville. Uno dei brani registrati quel giorno di giugno si chiamava appunto "That'll be the day" e Buddy ne andava fiero considerandolo il pezzo migliore. Ma la sessione di registrazione non andò troppo bene e il produttore e il tecnico del suono la definirono "uno dei brani peggiori mai sentiti".

Per circa un anno le registrazioni di Holly fecero il giro  degli Stati Uniti e finalmente, nell'estate del 1957, il brano decollò e "That'll be the day" divenne il primo grande successo di Buddy con un milione di copie vendute consacrando il suo autore come l'interprete per eccellenza del rock'n'roll.
Si racconta che Buddy prese a prestito il titolo da una frase pronunciata da un cinico John Wayne nel film di John Ford "Sentieri Selvaggi", film che in quell'anno scosse e commosse platee di americani. 
Altri sostengono invece che Buddy trasse ispirazione da un brano di Lonnie Johnson (nato nel 1899), un geniale bluesman che introdusse uno stile innovativo nel suonare la chitarra.
Ma qualunque fosse l'origine compositiva bisogna ammettere che il brano è senza tempo, ritmato in modo tale che arrivi alla fine senza accorgertene. E lo balli morbidamente divertendoti.
Certo è che Holly entrò a far parte di quegli artisti in grado di utilizzare un linguaggio musicale popolare e internazionale ed ecco perché la sua stella non è mai sbiadita: era una stella in vita e a lungo si è mantenuta  dopo la sua prematura scomparsa.
Buddy Holly è il musicista dei musicisti.
Tant'è che spesso Keith Richards durante la sua carriera con gli Stones ha sottolineato il fatto di aver tratto sovente ispirazione dall'opera di Buddy per creare il proprio materiale originale.
 Springsteen disse una volta durante un'intervista: "Suono Buddy Holly ogni sera prima di cominciare, mi mantiene onesto!" 
Paul Mc Cartney ha realizzato persino un documentario  in suo onore ricordando quando due ragazzini di Liverpool nell'anno della sua morte fondarono i Quarrymen la loro prima band, la cui prima registrazione in studio fu proprio quella That'll be the day di Buddy Holly.

La prima volta che conobbi Buddy Holly fu attraverso il memorabile film di George Lucas "American Graffiti" uscito nel 1973 e la cui colonna sonora fu per per me una vera e propria rivelazione. Gli anni 50 non mi appartenevano ma mi si cucirono addosso a tempo di record col loro colore e il loro sound ballabile pieno di emozione.
Quando si canta o si balla That'll be the day si viene affascinati e trascinati dal ritmo sincopato e poco si bada al significato delle liriche che, come potete vedere non sono affatto colorate come la musica anzi, piuttosto ciniche e foriere d'un qualcosa di oscuro che, in effetti, in qualche modo il giovane e pimpante Buddy già presentiva in sé.



Quello sarà il giorno in cui mi dirai addio
Sì, quello sarà il giorno in cui mi farai piangere
mi dirai "ti lascio" e saprai che è una bugia
perché, quello sarà il giorno in cui morirò.

Sì, mi avrai dato tutto il tuo amore
e tutta la tua tenerezza,
i tuoi abbracci e i tuoi baci
e anche i tuoi soldi.

So che mi ami, tesoro
ma forse mi dirai
che un giorno, beh,
sarò finito.


Quello sarà il giorno in cui mi dirai addio
Sì, quello sarà il giorno in cui mi farai piangere
mi dirai "ti lascio" e saprai che è una bugia
perché, quello sarà il giorno in cui morirò.


Quello sarà il giorno in cui mi dirai addio
Sì, quello sarà il giorno in cui mi farai piangere
mi dirai "ti lascio"e saprai che è una bugia
perché, quello sarà il giorno in cui morirò.



Quando Cupido lanciò la sua freccia
la lanciò nel tuo cuore
E se mai ci separassimo
ed io ti lasciassi

ti siederesti e mi stringeresti forte
e poi mi diresti in tono ardito
che un giorno beh, io sarò finito.


Quello sarà il giorno in cui mi dirai addio
Sì, quello sarà il giorno in cui mi farai piangere
mi dirai "ti lascio"e saprai che è una bugia
perché, quello sarà il giorno in cui sarò triste.


Beh, quello sarà il giorno.



Traduzione di Sarala








venerdì 4 gennaio 2013

American Pie - un tributo alla storia musicale americana





Molto, molto tempo fa
Mi ricordo ancora
 di come quella musica mi facesse sorridere
e sapevo che se avessi avuto la mia opportunità
sarei stato in grado di far ballare quella gente
e forse, sarebbero stati felici per un momento.

Ma febbraio mi fece rabbrividire
ad ogni giornale che consegnavo
brutte notizie sulla soglia di casa
Non riuscivo più a far un passo.

Non ricordo di aver pianto 
quando lessi della vedova
ma qualcosa mi toccò profondamente
il giorno in cui la musica morì

Allora, arrivederci Miss Torta d'America
guidai la mia Chevy fino all'argine
ma l'argine era secco
come buoni e vecchi amici
bevevamo whiskey di segale -
cantando - questo sarà in giorno in cui morirò
questo sarà il giorno in cui morirò.

Hai scritto il libro dell'amore
e hai fede in Dio lassù
se così ti dice la Bibbia?
Credi nel rock'n'roll
può la musica salvare la tua anima mortale
e puoi insegnarmi come ballare davvero lentamente?

Lo so che sei innamorata di lui
perché vi ho visti ballare in palestra
avete entrambi gettato via le scarpe,
ragazzi, io li ho scavati quei pavimenti a forza di rythm and blues

Ero un adolescente irrequieto
dalla carnagione chiara e con un camioncino
ma sapevo di non avere la fortuna dalla mia parte
il giorno in cui la musica morì.

Iniziai a cantare.....

Per dieci anni ce ne siamo stati in disparte
e il muschio crebbe rigoglioso su di una pietra rotolante
ma non come era come
quando il giullare cantava per il re e la regina
indossando un cappotto preso in prestito da James Dean
con le nostre voci.

Oh, e mentre il re abbassava lo sguardo
il giullare gli rubava la corona di spine
la corte si aggiornò
e il verdetto non fu emesso.
E mentre Lennon leggeva un libro di Marx
 e il quartetto si esibiva nel parco
noi cantavamo litanie funebri nell'oscurità
il giorno in cui la musica morì.

Stavamo cantando.....

Uno scivolo a spirale in una bollente estate
gli uccelli volarono via con un rifugio antiatomico
otto miglia verso l'alto e poi, in picchiata sul prato
cadendo malamente al suolo.
I giocatori cercarono di avanzare 
con il giullare che tirava  dalle linee laterali.

L'aria nel primo tempo era dolcemente profumata
mentre i sergenti suonavano una marcetta
tutti ci alzammo a ballare
oh, ma non avemmo fortuna
 perché i giocatori cercarono di occupare il campo
e la banda in marcia si rifiutò di cedere il passo
ti ricordi che cosa fu annunciato
il giorno in cui la musica morì?

Stavamo cantando.....

Eravamo tutti in un solo posto
una generazione persa nello spazio
senza tempo per ricominciare
allora dai, Jack:  sii perspicace, sii veloce
Jack come un lampo si sedette su di un candeliere
perché il fuoco è il solo amico del diavolo.

Oh, e mentre lo guardavo sul palco
le mie mani  si strinsero in pugni rabbiosi
nessun angelo nato all'inferno
avrebbe rotto quell'incantesimo satanico
e mentre le fiamme si levarono alte nella notte
accendendo la cerimonia sacrificale
vidi satana ridere di gusto
il giorno in cui la musica morì.

Stavamo cantando...

Incontrai la ragazza che cantava il blues
e le chiesi di darmi buone notizie
ma lei semplicemente sorrise e si allontanò
Entrai nel sacro negozio
dove ascoltai la musica anni prima
 ma là il commesso mi disse che la musica non avrebbe più suonato.

Nelle strade: i bambini gridarono
gli innamorati piansero e i poeti sognarono
non fu proferita parola
tutte le campane si ruppero 
e le tre persone che ammiro maggiormente
il padre, il figlio e lo spirito santo
presero l'ultimo treno per la costa
il giorno in cui la musica morì

Stavamo cantando....

Stavano cantando....


Traduzione di Sarala


Era da poco iniziato il 1959 e, nonostante il freddo inteso di quell'inverno, le ballrooms del Midwest si popolavano di giovani festanti e allegri  che ballavano fino allo sfinimento sulle note di  tre musicisti divenuti ormai simbolo di un nuovo e trascinante sound chiamato rock'n'roll: Buddy Holly (23 anni), Big Bopper (29 anni) e Ritchie Valens (18 anni).
Il "Winter Dance Party Tour" decollò alla grande con una serie di concerti che si sarebbero tenuti nell'arco di un mese in ben 24 città americane anche se, fin dall'inizio, fu dura per gli organizzatori accompagnare i musicisti da un luogo all'altro viste le notevoli distanze fra una località e l'altra.
Il maltempo invernale e le frequenti nevicate resero difficoltosi gli spostamenti e vi fu persino un principio di congelamento agli arti inferiori del batterista di Buddy Holly che dovette ricorrere alle cure mediche per poter continuare a suonare.
Il 2 febbraio i musicisti giunsero a Clear Lake nell'Iowa sfidando il maltempo, per una data organizzata all'ultimo momento e, visto il cattivo funzionamento del pullman che li aveva condotti lì, erano nervosi e stanchi. Fra l'altro Big Bopper soffriva d'una fastidiosa forma influenzale mentre Holly lamentava il fatto di non essersi potuto cambiare d'abito adeguatamente.
Viste le condizioni meteo e lo stato d'animo, il gruppo chiese all'organizzazione, per la data successiva, di affittare un volo charter per spostarsi in Minnesota per proseguire poi, da lì, per Fargo nel Dakota; la lunga tournée nel Midwest era stata un trionfo e il mercato discografico ne avrebbe tratto profitti stellari per cui la richiesta fu accettata di buon grado. Soprattutto Holly fu una vera e propria rivelazione con il suo carisma che sovrastava gli altri.
Era da poco passata l'una di notte quando, alla guida di un pilota giovane e piuttosto inesperto, l'aereo decollò nonostante le pessime condizioni metereologiche. Fu forse proprio a causa della poca dimestichezza con i controlli di bordo o per una distrazione del pilota, che all'improvviso l'aereo perse quota andandosi a schiantare su una piantagione di granoturco, poco distante dal luogo in cui era decollato poco prima.
I musicisti a bordo e il pilota morirono sul colpo per i forti traumi alla testa.

E così, in un attimo, la musica aveva perso dei riferimenti importanti al punto che, il 3 febbraio 1959, venne ricordato da tutti come "il giorno in cui la musica rock morì".






The Day the Music Died - Il giorno in cui la musica morì





"American Pie" di Don McLean, l'ho scoperta grazie alla cover di Madonna che ha imperversato a lungo nelle radio, supportata da un video accattivante dove lei, acqua e sapone, gigionescamente saltellava su di un palco in legno, mentre scorrevano immagini di un'America multirazziale e stanca.
Certamente gli Statunitensi devono aver visto quell'operazione commerciale con un'ottica diversa dalla nostra  dal momento che quel brano lo considerano una vera e propria icona e, di conseguenza, non tutti hanno apprezzato le manomissioni di Miss Ciccone. 
Il brano è stato drasticamente accorciato, le strofe ribaltate, perso inevitabilmente il filo del discorso poetico sebbene la musica resti davvero gradevole anche se sintetizzata.
Chissà che cosa ha pensato Don McLean della sua creatura quando ha ascoltato la versione rimaneggiata?
Quando ho ascoltato per la prima volta il brano nella versione di Madonna mi ha colpito quell'alone di malinconia e stanchezza che traspare soprattutto nel video e mi è piaciuto molto.
Era però una cover di un brano che nel 1972 aveva spopolato in America e il suo autore (oggi 66 enne) dice di non essersi ancora stancato di cantarla sebbene ne "abbia parlato" sempre malvolentieri.

Come ogni appassionato di musica che si rispetti è portato a fare, ho cercato il brano originale e l'ho ascoltato: un altra cosa. Dirvi se meglio o peggio giudicate voi. Due esperienze sensoriali troppo diverse per essere in qualche modo assimilabili. Due epoche diverse, molto diverse.
Per una figlia degli anni 70 quale io sono il brano di McLean mi appartiene senz'altro molto di più anche dal punto di vista storico e generazionale, ma lo ammetto, ho un piccolo debole per Madonna e seppur ne riconosca l'appartenenza ad uno star system che non digerisco, spesso mi piace il suo stile e la canticchio volentieri.

Il brano originale dura circa 8 minuti e mezzo ed è talmente ricco di immagini e riferimenti storici che, quando ne inizi l'approfondimento entri veramente in quella che io chiamo "esperienza musicale": l'autore riesce a creare una simbiosi fra le note e le liriche che dipingono insieme una tela elaborata tutta da scoprire.
La classica pietra miliare.
McLean scrisse il brano fra New York e Philadelphia dove lo presentò per la prima volta alla Temple University nel marzo 1971 per poi registrarlo e pubblicarlo nell'album omonimo che rimase per ben quattro settimane al 1° posto nelle classifiche americane.

La spina dorsale narrativa è costituita dal "giorno in cui la musica morì", la locuzione convenzionale con cui venne indicato il disastro aereo dell'Iowa il 3 febbraio 1959 in cui persero la vita tre grandi interpreti Buddy Holly, Ritchie Valens e Big Bopper (J.P.Richardson) mentre si recavano a Fargo per un nuovo concerto.
Questo è l'intero della "torta americana" da cui gradualmente verranno tagliate diverse fette che ripercorreranno più di 10 anni di storia sociale e musicale.

American Pie è famosa per le sue liriche criptiche che a lungo sono state oggetto di curiosità e speculazioni filosofiche. Sebbene McLean abbia sempre affermato che il brano era semplicemente dedicato a Buddy Holly, Ritchie Valens e Big Bopper, nessuno dei tre viene mai menzionato.
Negli anni spesso gli è stato chiesto quale fosse il "vero" significato di American Pie e, laconico è solito rispondere: "....significa che non avrei più dovuto lavorare...." Poi, in tono più serio continua: "Voi potete dare tutte le interpretazioni che volete alla mia musica, io no....mi spiace rimandare a voi la soluzione ma, già da tempo ho consapevolizzato il fatto che un cantautore deve prendere una posizione e proseguire, mantenendo un dignitoso silenzio."

Così ha sempre cercato di evitare risposte a domande dirette sul significato delle liriche di American Pie rispondendo frettolosamente: " sono al di là di ogni possibile analisi....sono poesie...a parte il fatto che il 3 febbraio 1959 facevo lo strillone e consegnavo i giornali. Fu proprio in quell'occasione che lessi dell'incidente e dedicai il primo verso della canzone a Buddy Holly. Volevo esorcizzare il pesante dolore che mi afferrò alla gola. Dopo la sua morte qualcosa in noi è cambiato."

Dopo 42 anni devo ammettere che American Pie di Don McLean conserva una freschezza e una modernità inconsuete. Un brano senza tempo. Riscopritelo e sarà una piacevole sorpresa.                                   







martedì 1 gennaio 2013

Guardando fuori dalla porta sul retro - Lookin' out the backdoor



L'album "Cosmo's Factory" contiene a mio avviso una serie di pezzi memorabili che, se si ha l'abilità di imparare a memoria e cantare, ti infondono una gioia ed un'energia rara. E' un esempio ben riuscito di buona musica, liriche ermetiche che comunque ti affascinano per le sfumature musicali e il ritmo, gioca con invenzioni del tutto originali passando dal rock al country e al blues. E' considerata la prova più riuscita della band che, proprio nel 1970 e grazie a questo lavoro, raggiunse le vette delle classifiche americane divenendo sinonimo di Southern Mississippi rock.
In pieno stile country americano si staglia fra tutti i brani "Looking out the backdoor" che adoro sin da ragazzina, che conosco perfettamente a memoria e che periodicamente canto a squarciagola sempre con la stessa intensità.
L'autore, John Fogerty, quello che io considero il bello del gruppo e che nella foto è il primo da sinistra, era a quei tempi considerato il leader indiscusso della band, chitarrista e compositore. Come giustamente è stato, ha continuato la carriera solista dopo lo scioglimento del gruppo e se avete voglia di cercare alcuni dei suoi concerti dal vivo vedrete come ha mantenuto lo smalto...e la presenza.
Scusate ma John mi piaceva davvero molto....
Torniamo però al brano in questione e alle liriche strampalate che hanno fatto a lungo discutere i musicofili esperti sul significato.
All'epoca, siamo intorno agli anni 70, era abbastanza facile accusare questi giovani capelloni creativi di esaltare l'uso e l'abuso di sostanze stupefacenti nelle loro canzoni e "Looking out the backdoor" non si sottrae a questo giudizio che non mi trova affatto d'accordo.
Il testo della canzone si presta senz'altro ad una certa ambiguità ma il bello dell'arte sta proprio nell'interpretazione che il fruitore vuole dare senza condizionamenti.
Benché proprio Fogerty abbia più volte smentito il contenuto legato all'uso di droghe spiegando che l'ispirazione gli venne proprio da suo figlio di tre anni, ancora oggi resta legato al viaggio con l'lsd.
Io me ne sono sempre strafregata di cosa l'autore volesse veramente comunicare e ne ho dato una mia libera interpretazione fin dall'inizio.
A me piace pensare a quando, dopo una giornata faticosa in cui ho risolto problemi, riesco a sprofondare nella "sciocchezza" delle cose più semplici e banali rilassandomi. Looking out the backdoor può essere un inno al dolce far niente e al fantasticare.
Oppure, volendo penetrare il senso più profondo aprire quella famosa porta sul retro alla quale non diamo mai molta importanza, recuperando ciò che, per ovvi motivi pratici durante il quotidiano, tendiamo ad accantonare dietro di noi.
Fogerty e la sua band ci invitano a chiudere a chiave la porta principale di casa (le priorità) per abbandonarsi liberamente alla fantasia secondo i dettami della quale, un gigante può fare le capriole e una statua portare i tacchi alti.

Eccovi la mia traduzione:

Sono appena tornato dall'Illinois
e chiudo a chiave la porta d'ingresso: finalmente!
Mi siedo e mi riposo un istante sulla veranda.
L'immaginazione prende il sopravvento e, di lì a poco, inizio a cantare.

Doo, doo, doo guardando fuori dalla porta sul retro.

C'è un gigante che fà le capriole
una statua porta i tacchi alti
e osservo tutte queste creature felici che danzano sul prato
Un giradischi victrola* a forma di dinosauro ascolta Buck Owens**

Doo, doo, doo guardando fuori dalla porta sul retro.

Tamburini ed elefanti suonano nella banda
Ti va' di fare un giro sul cucchiaio volante?
Un mago offre una meravigliosa apparizione

Doo, doo, doo guardando fuori dalla porta sul retro.

Disturbatemi domani, oggi non voglio fastidi.
Spedisco i problemi in Illinois,
chiudo a chiave la porta d'ingresso: finalmente!
Osservo tutte quelle creature felici che danzano sul prato.
Disturbatemi domani, oggi non voglio fastidi.


*il giradischi victrola era incassato in un mobile di legno che, una volta chiuso diveniva un pezzo di arredamento. Mia nonna ne aveva uno in casa.
**Buck Owens è stato uno dei maggiori interpreti country degli Stati Uniti e spesso Fogerty lo citava come fonte ispirativa. Vale la pena ascoltarlo poiché è davvero piacevole.